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In Italia il 70% delle aziende non trova personale: le figure più richieste per il 2026 (e dove candidarsi)

Il mercato del lavoro per i laureati italiani mostra finalmente segnali di miglioramento significativi, come evidenziato dall’ultimo Rapporto AlmaLaurea 2025.

Secondo l’ultimo report diffuso da Confindustria il 12 dicembre 2025, il 67,8% delle imprese con posizioni aperte segnala problemi nel trovare candidati idonei, un dato stabile rispetto al 69,8% registrato nel 2024. Questa situazione evidenzia una crisi strutturale del sistema occupazionale italiano, che interessa in modo differenziato i vari settori e le diverse dimensioni aziendali.

La fotografia del mondo produttivo italiano mostra come le difficoltà di reclutamento siano particolarmente accentuate nell’industria, dove il 72,9% delle imprese segnala carenze di profili professionali, contro il 61,3% delle aziende del settore servizi. A incidere in modo significativo è anche la dimensione delle imprese: il mismatch tra domanda e offerta riguarda il 59,9% delle piccole, il 72,6% delle medie e il 78,9% delle grandi imprese. Un quadro che testimonia come il problema non sia solo quantitativo, ma anche qualitativo, e che si manifesti in modo più acuto in realtà con maggiori capacità di investimento e innovazione.

Il ruolo di Confindustria, la principale organizzazione rappresentativa delle imprese italiane guidata dal presidente Emanuele Orsini, rimane centrale nel monitoraggio delle tendenze occupazionali e nell’elaborazione di strategie per affrontare la carenza di risorse umane qualificate. Fondata nel 1910 e con sede a Roma in Viale dell’Astronomia, Confindustria continua a svolgere un ruolo di primo piano nel dialogo tra imprese, istituzioni e sistema formativo, supportando le aziende associate con strumenti innovativi di analisi economica e formazione.

Profili più richiesti e competenze carenti

Al centro della crisi di reperimento del personale ci sono le competenze tecniche e specialistiche, difficili da trovare per il 57,1% delle imprese in difficoltà. Le figure più ricercate includono tecnici per la manutenzione e l’installazione di impianti, operatori con competenze in tecnologie di produzione, logistica, informatica di base e gestione di processi industriali. Queste professioni, seppur considerate “tradizionali”, richiedono oggi un alto grado di specializzazione, soprattutto a fronte della crescente digitalizzazione e automazione delle attività produttive.

Accanto a tali figure, le mansioni manuali rappresentano un altro ambito critico, con il 46,3% delle aziende che fatica a trovare operai specializzati, dato che sale al 57,6% nel comparto industriale. Questo fenomeno è sintomatico non solo di un gap formativo, ma anche di una scarsa attrattività delle professioni manuali, spesso penalizzate da una percezione sociale negativa e da percorsi di formazione poco integrati con le esigenze reali del mercato del lavoro.

Inoltre, emergono come sempre più rilevanti le soft skill: circa il 18,5% delle imprese lamenta la carenza di competenze trasversali quali problem solving, lavoro di squadra, adattabilità e capacità comunicative, sempre più indispensabili in contesti organizzativi in rapida evoluzione. Parallelamente, le competenze digitali avanzate rappresentano un nuovo fronte di criticità, con una carenza segnalata dal 18,4% delle aziende, soprattutto nel settore dei servizi. Queste includono capacità di progettazione di infrastrutture digitali, analisi dati, sviluppo di algoritmi, automazione e prototipazione digitale, aspetti fondamentali per il processo di innovazione e competitività.

Di fronte a una situazione di mercato così complessa, l’84,1% delle aziende in difficoltà ha adottato almeno una strategia per superare le barriere di reclutamento. La formazione interna del personale risulta la misura più adottata, utilizzata dal 56% delle imprese, che investono nella crescita professionale dei propri dipendenti per colmare le lacune di competenze. Il ricorso a consulenze esterne e collaborazioni specialistiche è un altro strumento diffuso, seguito dall’allargamento del bacino di ricerca, sia in termini geografici sia di metodi di selezione, con l’obiettivo di ampliare le possibilità di individuare candidati qualificati.

Queste risposte dimostrano come le imprese italiane siano consapevoli della necessità di adattarsi a un mercato del lavoro sempre più selettivo e tecnologicamente avanzato, sperimentando nuovi modelli di reclutamento e formazione. Tuttavia, come sottolinea Confindustria, senza un intervento strutturale a livello di sistema educativo e politiche del lavoro mirate a potenziare l’orientamento, le competenze tecniche e digitali, il divario tra domanda e offerta rischia di ampliarsi ulteriormente.

Un mercato del lavoro in evoluzione tra sfide e opportunità

L’attuale scenario occupazionale italiano si inserisce in un contesto economico caratterizzato da una crescita del PIL stimata intorno allo 0,7% per il 2024, secondo i dati più recenti elaborati dal Centro Studi di Confindustria. Nonostante la stabilità relativa del numero di occupati, rilevata dall’ISTAT nel terzo trimestre 2025, permangono segnali di rallentamento nei consumi e nella produzione industriale, con un costo dell’energia ancora elevato che incide sulle decisioni aziendali di investimento e assunzione.

In questo contesto, il capitale umano qualificato si conferma la risorsa più scarsa e preziosa per sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale. Le imprese italiane, supportate da organismi come Confindustria, sono chiamate a innovare nelle strategie di gestione delle risorse umane, puntando su formazione continua, valorizzazione delle competenze digitali e promozione di un’immagine positiva delle professioni tecniche e manuali, per attrarre e trattenere talenti in un mercato del lavoro sempre più selettivo e dinamico.

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ultimo aggiornamento: 23 Dicembre 2025 13:16

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